L’automobile maledetta dell’arciduca Francesco Ferdinando

Non sempre i fantasmi si manifestano nelle sembianze di uomini e donne appartenuti ad epoche lontano, o attraverso manifestazioni come poltergeist e affini.
Talvolta il dolore di uno spirito è talmente opprimente da trasferirsi su un oggetto particolarmente caro alla persona quando era in vita.
E’ il caso dell’auto sulla quale viaggiò l’arciduca Francesco Ferdinando nell’ultimo giorno in cui si trovò in questo mondo.
L’arciduca Francesco Ferdinando desiderava un’automobile che lasciasse stupida la popolazione quando lui e la moglie, la dolce duchessa di Hohenburgh, avrebbero visitato la piccola capitale della Bosnia, Sarajevo.
Vi erano molti buoni motivi per dare un’immagine di prestigio. In Europa regnava un clima di irrequietezza politica e la visita, che pure rivelava la volontà di pace dell’arciduca, era senz’altro pericolosa e un po’ azzardata.
La coppia reale arrivò a Sarajevo il 28 giugno del 1914 su una vettura da turismo a sei posti, color rosso sangue.
Era un bersaglio perfetto. Un giovane fanatico armato di pistola saltò sull’auto in corsa. Sghignazzando in faccia all’arciduca e alla duchessa, scaricò l’arma su di loro.
Questo doppio omicidio fu la scintilla che scatenò la Grande Guerra, con il suo carico di venti milioni di morti.

Dopo l’armistizio, il neoeletto governatore della Iugoslavia fece riportare l’auto alle condizioni originarie, ma dopo quattro incidenti e la perdita del braccio destro, decise che il veicolo doveva essere distrutto.
Il dottor Srikis, suo amico, non era d’accordo. Incurante delle testimonianze che volevano l’auto oggetto di maledizione, la guidò per sei mesi, finché il veicolo fu ritrovato rovesciato lungo una strada, con il corpo del dottore schiacciato sotto il peso dell’auto.

L’auto maledetta passò a un altro medico, ma quando i suoi pazienti superstiziosi cominciarono ad abbandonarlo, non esitò a venderla a un pilota svizzero.
Durante una corsa sulle Dolomiti, l’auto andò a cozzare contro un muro a secco e il pilota morì per la rottura della spina dorsale.
L’acquistò quindi un agiato agricoltore, ma un giorno l’auto si bloccò. Mentre un amico la stava portando al traino per farla riparare, l’auto improvvisamente si mise in moto a piena potenza e investì l’auto che la trainava, uccidendo i due uomini.
Tiber Hirshfield, l’ultimo proprietario privato, decise che l’intero veicolo necessitava di un passaggio di vernice di un colore meno sinistro.
Lo volle in un azzurro vivace; subito dopo invitò cinque amici ad accompagnarlo a un matrimonio.
Hirshfield e quattro dei suoi amici morirono sul colpo in uno scontro frontale mentre si recavano ai festeggiamenti.

Alla fine l’auto ricostruita fu spedita in un museo di Vienna, dove fu amorevolmente accudita dal guardiano Karl Brunner, che si compiaceva delle storie che si raccontavano sulla maledizione dell’auto e vietava a chiunque di sedervisi.
Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti ridussero il museo a un cumulo di macerie.
Dell’automobile maledetta di Sarajevo si perse ogni traccia.

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