Cancellate dall’Inghilterra tutte le leggende e le storie dei fantasmi, e vi ritroverete un paese privo di quell’atmosfera cupa e nebbiosa che che lo rende così unico e affascinante. In passato, penne illustri come Montague Rhodes James, Edgar Allan Poe, Algernon Blackwood e Walter Scott – tanto per citarne alcuni – hanno raccontato l’occulto del Regno Unito, prendendo spunto da leggende popolari ma soprattutto dalla fantasia. Oggi, in epoca più moderna, Il nuovo libro di Patricia Pearson dal titolo Opening Heaven’s Door, raccoglie invece le testimonianze reali – e sono davvero tante – di persone che per cause di forza maggiore si sono trovate a contatto di altri individui nel momento della loro estrema dipartita da questo mondo.
I resoconti di infermiere, soldati, medici, poliziotti ma anche di uomini comuni, dinanzi al grande mistero della morte sono spesso accompagnati da fatti inspiegabili e misteriosi sulla cui natura è possibile indagare alla ricerca di origini “non soprannaturali”, ma che certamente non lasciano indifferenti.
Il libro per il momento non è disponibile in lingua italiana, tuttavia dalla data della sua pubblicazione, lo spirito più sensibile degli inglesi sembra essersi ridestato e il quotidiano inglese Daily Mail è stato inondato dalle lettere di lettori protagonisti di storie di fantasmi, desiderosi di condividerle. Alcune di esse sono state pubblicate, noi ne riproponiamo qui tre, tali e quali come sono giunte – ovviamente tradotte in lingua italiana.
Il fantasma del marito defunto
Dorothy Moose, del Lancashire, è una donna di 72 anni in pensione, rispettabile e con tre nipoti. A seguito della scomparsa del proprio marito è divenuta testimone di alcuni eventi inspiegabili.
Per decenni, Ted, il mio meraviglioso marito, mi ha tenuto stretta fra le sue braccia e mi è rimasto vicino tutte le volte che ne ho sentito il bisogno.
Lo incontrai per la prima volta in un appuntamento al buio, quando avevo 19 anni. Fu amore a prima vista, ci siamo sposati 18 mesi più tardi e abbiamo trascorso quasi 50 anni di matrimonio in felicità.
Così, dopo la sua morte avvenuta cinque anni fa per un cancro al rene, mi sentii persa e le lunghe notti fredde erano particolarmente vuote senza di lui.
Poi, una notte, due anni più tardi, provai un nuovo brivido. Mentre ero sdraiata sentii il materasso dietro di me farsi più pesante, come se Ted stesse sdraiandosi accanto a me.
Terrorizzata, mi alzai in stato di shock: il peso sul letto accanto a me scomparve immediatamente.
Tremando, dissi:“Sei Ted? Se tornerai domani, non mi muoverò.”
Ero così spaventata e innervosita che non riuscii a chiudere occhio prima dell’alba.
Poi, al mio risveglio, il letto accanto a me era ancora infossato, come se Ted avesse ripreso il suo posto. Questo ha cominciato ad accadere abbastanza regolarmente, finché una volta ho effettivamente avvertito la calda sensazione della sua mano sulla mia.
Un’altra volta l’ho sentito tossire. In un’altra occasione, l’ho vidi disteso sul letto, sorridente, che mi guardava come se non fosse mai invecchiato, sano e felice.
Le sue visite oggi sono cessate, ma è stato un tale conforto sapere che non mi ha mai lasciato. Credo volesse dimostrarmi che era tutto a posto e che stava bene.
Storie di fantasmi felici
Jan Hunter è un addetto all’ufficio di collocamento in pensione. Una vita tranquilla, caratterizzata però da un episodio che mai è stata in grado di spiegarsi.
Quando ero piccola e vivevo con la mia famiglia in una casa nel nord di Londra, la vista dei miei due vicini – una coppia che chiamerò Mr e Mrs Strictly – mi era molto familiare.
Erano una coppia di anziani dal modo di vestire eccentrico ed esageratamente formale.
La signora indossava sempre un cappello e cappotto, ma era il signor Strictly ad aver catturato particolarmente la mia attenzione. Indipendentemente dal tempo, egli era sempre vestito con colletto, gilet, giacca, cappello, pantaloni eleganti e scarpe rigidamente inamidate e borchiate.
Non l’ho mai visto senza il suo cappello.
Una mattina – avevo 24 anni ed ero diventata da poco un’insegnante – ero in auto e vidi il signor Strictly davanti al cancello di casa. Mi fermai sorpresa, perché per la prima volta da quando vivevo li, era senza cappello.
Aveva una massa di capelli bianchi selvaggi, scompigliati dal forte vento. Quel senso di frivolezza estetico sembrava rispecchiare il suo stato d’animo, perché non appena si girò e mi sorrise, vidi in lui una felicità che mai avevo riscontrato prima.
Mi guardò come se volesse dirmi “Io sono libero”, un senso di liberazione quasi palpabile. Notai che le maniche della camicia erano arrotolate, il colletto borchiato era stato rimosso e il panciotto era sbottonato.
Inoltre, le sue mani erano banalmente in tasca, dove mai erano stato da quando lo conoscevo. Fra me e me ridacchiai al pensiero di cosa avrebbe detto sua moglie.
La sua vista mi colpì a tal punto che quando la mattina dopo incontrai un’altra vicina – Claire – ne parlai con lei. Mi chiese se ne fossi sicura, poi corse a prendere il giornale locale che aveva in casa. Conteneva un necrologio del signor Strictly, che era morto dieci giorni prima.
Quello che vidi era dunque il suo fantasma? Una cosa è certa: non l’avevo mai visto così felice.
Il macabro orologio della morte
Deanna Mottershead è una donna di 73 anni in pensione, che vive con il marito Alan nel Galles. Le sue non sono delle vere e proprie storie di fantasmi, ma sono in qualche modo collegate al mondo dell’occulto e del soprannaturale. Indubbiamente, se questa donna racconta il vero, quanto accaduto non può essere frutto di semplici coincidenze.
Nel gennaio 1962, il mio fidanzato Tony fu vittima di un terribile incidente in scooter e venne ricoverato in ospedale, dove rimase in coma per una settimana.
Stetti al suo capezzale in attesa di un suo risveglio per tutto il tempo, fu devastante. Finalmente un giorno mi strinse la mano e mi parlò.
Lasciai l’ospedale convinta che si sarebbe ripreso e mi diressi verso casa dei suoi genitori.
Lì, poggiato sulla mensola del camino, c’era un grande orologio. Alle 15:15, il telefono squillò improvvisamente. Chiamavano dall’ospedale. Tony era morto un quarto d’ora prima.
Eravamo disperati e in lacrime. Solo più tardi guardammo l’orologio: incredibilmente esso si era fermato al momento esatto della morte di Tony, le 15:00.
A quel tempo ridussi il tutto ad una semplice coincidenza. Col passare degli anni però ho capito che non poteva essere stato solo un caso.
Mio padre Richard, 62 anni, fu vittima di attacco di cuore nel 1975.
Rimase per giorni ricoverato in ospedale e quando le sue condizioni di salute sembrarono essersi stabilizzate, il medico ci disse che potevamo tornare a casa a riposarci un po’.
All’1:45 di notte una vicina di casa ci svegliò bussando alla porta. L’ospedale l’aveva chiamata – noi non avevamo un telefono in casa – per comunicarci che papà era morto alle ore 1:20.
Ore dopo, riavutami dallo schock, mi imbattei nella mia affidabile sveglia da viaggio. Era ferma esattamente all’1:20.
L’ultima episodio risale a poco più di dieci anni fa.
Una sera del 2002, quando io e mio marito eravamo fuori, ricevemmo una telefonata dall’infermiera della casa di cura dove era ricoverata mia madre: lei era morta. Non potei fare a meno di dire a mio marito:“Mi chiedo cosa è accaduto all’orologio di casa.”
Quando siamo arrivati a casa, con nostro stupore, constatammo che il nostro orologio a batteria era letteralmente esploso. A che ora? Alle 18:00 – l’ora esatta della morte di mamma.
Non riesco a spiegarmi le tre morti e i tre orologi fermatisi nell’esatto momento del decesso. Ma mi conforta e credo che in qualche modo siano collegati a me e alla mia vita.